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Categoria: Arte
1960 Chevy Brookwood…..
Simi Valley contea di Ventura Calif., da li arriva questa bellissima Chevy Brookwood del “60 realizzata da Randy Lewis. Un progetto incredibile che cattura gli occhi sulle fiancate sexy come mai con due porte da “cupè” su una delle Wagon più voluminose di sempre. Randy cercava da anni un modello del “60 per nulla facile da trovare poi un annuncio cattura la sua attenzione e in poche ore l’ acquisto è combinato. Un investimento modesto, al di sotto dei 3.000 dollari e la Wagon “Titanica” prende la via di casa. E’ risaputo che i low-price non sono mai vantaggiosi in effetti la Wagon è priva di meccanica, trasmissione e impianto frenante, una sorta di guscio che ricorda le linee della Chevy e poco più. Ma Randy ha le idee chiare e non si scoraggia per “alcuni” pezzi mancanti. Dopo una verifica delle lamiere, Randy decide di mantenere il telaio “originale” senza fare un investimento faraonico per i super Frame Aftermarket disponibili ogg, qualche attenta modifica e una verniciatura a polvere proteggerà per molti anni ancora questo telaio.
Le Brookwood originali a due porte prodotte nel 1960 sono poche e per Randy l’ impresa più impegnativa era trovare i pezzi per convertire la sua Chevy in 2Doors. Con i lamierati definiti, la carrozzeria vede un cleaning moldings nella parte anteriore e posteriore dove fari e griglia rimangono come in origine portati a nuovo dalla North Hollywood Metal Polishing. Sulle fiancate l’ idea di Randy di prendere una modanatura Impala “60 e integrarla con un bianco perla “Hot” che ritroviamo anche sul tetto, è vincente e rende questa Wagon sexy come mai. La ricerca dei particolari mancanti è caduta su sospensioni ad aria Air Performance e ammortizzatori Bilstein, per i freni un paio di dischi da 12 “ anteriori e 10” posteriori serie Body Gotcha avvolti da pneumatici ribassati rispettivamente da 275 e 255 profilo basso Toyo. La Hawaii Racing si preoccupa del motore scelto “EFI Edelbrock Pro-Flo XT” attentamente preparato dal quale escono 400 cavalli portati alle ruote da una trasmissione 700-R4 costruita da Champion Transmissions.
Con interni degni di una casa reale, la tappezzeria unisce un elegante nero con inserti trapuntati rossi che evidenziano il carattere Race della Wagon”60, opera di Mike Ambrose Custom Interiors. Con un gruppo di sterzo Truck Shop, Randy ora può correre in lungo la California per partecipare ai tanti contest per esibire la sua 1960 Chevy Brookwood magari ascoltando “Philosopher’s Stone ~ Van Morrison” dal prezioso impianto audio, opera di Street Sound Plus.
Bear”34
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Cheater-Pete……….
Land Lover………
“39 Zephr….Low
Jaguar XKSS……….
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1938 Berlin-Rome…………..
Aldana U.K……..
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“4………………….
LIVE AID……….L’ evento
Ricordo tutto come se fosse passata solo qualche settimana, avevo da poco finito l’esame di maturità ed ero in attesa di sapere dove mi avrebbero spedito a fare il militare, è un primo pomeriggio di un afoso giorno di luglio, accendo il televisore e su RAI1 vedo che stanno suonando, c’è un concerto dal vivo, sono gli Status Quo, riconosco anche la venue… siamo a Wembley! Sempre più incuriosito cerco qualche informazione chiamando alcuni miei amici (siamo lontani dai tempi di internet…), ebbene sembra che due personaggi di spicco del pop rock anni 80, Bob Geldolf dei Boomtown Rats e Midge Ure degli Ultravox, abbiano organizzato questa mega kermesse musicale a scopo benefico, “Feed the World” dice il manifesto, si tratta di sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per le popolazioni povere del centro Africa, figlio – e degna conclusione – dei progetti “Band Aid” e “ USA for Africa”.
E fu così che il 13 luglio 1985 mi ritrovai quasi per caso ad assistere a quello che sarebbe diventato uno degli eventi musicali più importanti del ventesimo secolo: il Live Aid! Figlio dei grandi raduni di fine anni 60 (Woodstock, Isola di Wight, Monterrey…) bruscamente interrotti all’alba della disfatta di Altamont (per i più “distratti”: durante il concerto degli Stones gli Hells Angels, incautamente assoldati come Security dell’evento, accoltellarono a morte uno spettatore e si resero responsabili di altri eccessi), magistralmente organizzato – con 2 palchi a Londra e Philadelphia, decine di artisti tra i più rappresentativi dell’epoca (pochi mancarono l’appuntamento), una diretta televisiva che iniziò alle 12 ora di Londra (13 per noi) e si concluse quando, alle 22 ora di Philadelphia (le 4 di notte del giorno dopo per noi) Bob Dylan, Ron Wood e Keith Richards salutarono tutti con un leggendario mini set acustico – il Live Aid finì per diventare di gran lunga l’evento musicale più importante a cui il sottoscritto – purtroppo non direttamente – ha assistito, considerando che difficilmente, dato il declino musicale a cui abbiamo assistito dalla metà dei ’90 ad oggi, qualcosa di così magico potrà mai essere replicato.
Un veloce passaparola ed ecco che, assieme agli amici più cari dell’epoca, ci ritroviamo a condividere questo rito: assistiamo alle esibizioni di David Bowie (pazzesco…), U2, Eric Clapton, Sting, Tina Turner, Dire Straits, Queen (esibizione leggendaria, sancì la loro rinascita dopo alcuni anni difficili), Simple Minds, Elton John, Tom Petty, Black Sabbath, Bryan Adams, The Who (mostruosi, forse la miglior esibizione della giornata…) Elvis Costello, Ultravox, Phil Collins (che suona prima a Londra poi a Philadelphia grazie ad un volo appositamente organizzato) Paul Young, Inxs e tanti, tantissimi altri artisti di fama mondiale.
E per noi, che eravamo nati ascoltandoli e consumando i loro dischi e i loro live, vedere alle 2 di notte salire sul palco di Philadelphia i Led Zeppelin fu un’emozione pazzesca, che ricordiamo tutt’ora quando davanti ad una birra ci lasciamo prendere dalle nostalgie del tempo che fu. L’unico rimpianto fu di non averli visti al completo (Bonzo era morto 5 anni prima), Phil Collins e Tony Thompson si dannarono l’anima per rimpiazzarlo a dovere ma – con tutto il bene che voglio a Phil (che adoro) ed al povero Tony – come si suol dire: “in 2 non ne fanno uno”: John Bonham sarà per sempre il più grande, unico ed insostituibile.
È davvero difficile per me tentare di spiegare le emozioni che provammo quel giorno, era tutto “giusto”: giusto il periodo storico, giusta l’età che avevamo, e immediata fu la consapevolezza di aver assistito ad un qualcosa di magico ed irripetibile, che ci cambiò, ci migliorò, e personalmente mi diede la consapevolezza che la strada che avevo intrapreso, il fatto di vivere di musica e per la musica, fosse quella giusta.
Scrivo queste due righe per il blog dell’amico Biagio, il Bear’s Garage, perché aldilà dell’amicizia che ci lega, conoscendolo e sapendo che anche lui vive di emozioni e di passioni, posso essere certo di aver affidato nelle giuste mani questo piccolo tesoro che da sempre custodisco gelosamente nel cassetto dei miei ricordi.
Beps 1966
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