Turning to crime ……

Durante il lockdown del 2020 – che speriamo sia anche l’ultimo – i Deep Purple, a riposo forzato causa posticipo di tutti i tour già pianificati, hanno deciso di registrare una dozzina di cover degli anni ’60 uscite poi su un disco il cui titolo, “Turning to crime” – ovvero “passare al crimine” – la dice lunga su come le 5 leggende la pensino riguardo la pubblicazione di brani non originali su disco. Per la produzione si sono come sempre affidati al veterano Bob Ezrin ed il risultato è sorprendente: 12 brani suonati magistralmente, che risaltano la classe cristallina della band, la sezione ritmica suona con precisione e fantasia, Don Airey e Steve Morse spadroneggiano con la loro solita perizia tecnica mai invadente, e anche Ian Gillan – seppur impegnato da brani non particolarmente problematici da eseguire per la sua ugola ultra settantenne – se la cava egregiamente interpretandoli come meglio non potrebbe.

Nel disco troviamo di tutto: dal Blues al Jazz delle big band, dallo Skiffle all’Hard Rock, dal Beat al Pop. Non starò qui ad elencare tutti i brani del disco, mi soffermerò solo su quelli che – a mio avviso – sono i più rappresentativi:

WHITE ROOM – grande classico dei Cream, riletto con una disinvoltura ed una classe da brividi;

SHAPES OF THINGS – interpretato nella prima parte come l’originale degli Yardbirds, per poi sfociare nell’assolo di chitarra che richiama la versione del 1983 di Gary Moore in cui suonava, manco a dirlo, Ian Paice;

CAUGHT IN THE ACT – medley in cui troviamo – sorpresa sorpresa – anche un tratto di Dazed and Confused degli Zeppelin.

In definitiva: un disco godibilissimo, un diamante che dimostra quanta voglia e passione abbiano ancora i magnifici veterani Purple nell’attesa di rivederli nuovamente on stage.

Beps the rocker

Foto da; www.google.com

 

Fermento…….

Bentornati  al  Bivacco!

E’ un piacere ritrovarvi  qui intorno a questo fuoco tra viaggiatori, avventurieri, piloti e altra bella gentaccia. C’è fermento nel nostro ambiente, come sempre quando si avvicina la fine dell’anno e i grandi rally raid sono quasi alla partenza. Quest’anno non mancano le novità nè le certezze. Tra le certezze, in testa a tutti abbiamo il nostro Franco Picco che all’alba delle sue 66 primavere, il primo gennaio metterà la prima alla sua Fantic e partirà per la sua 14^ Dakar. Avete letto bene. 66 anni e Fantic. Questo binomio ci porta la novità più interessante per noi italiani, la Fantic Motor si presenterà alla Dakar 2022 con una moto nuova che sarà testata sul campo da uno dei piloti con maggiore esperienza al mondo in questo campo. Franco Picco infatti guiderà la XEF 450 Rally presentata a EICMA quest’anno, che ha fatto sognare i nostalgici dello storico marchio italiano e non solo, visto che la moto si presenta benissimo e speriamo che vada altrettanto bene.

Fermento dicevamo. Anche le case produttrici rinnovano l’interesse per le moto di ispirazione “adventure” e tra le interessanti proposte per l’anno nuovo, una in particolare incuriosisce e affascina al tempo stesso: la Ducati Desert X. Questa creatura di Borgo Panigale è una grande sorpresa per gli appassionati del genere, anche se Ducati ci ha abituato negli ultimi anni a moto non proprio corsaiole, variando la sua indole anche verso il turismo e le tendenze modaiole. Oggi Ducati rompe di nuovo gli schemi e presenta una moto ispirata ai rally raid, non solo nelle scelte stilistiche ma pare anche nella sostanza. Le scelte tecniche sono inequivocabili: ruote da 21 e 18 pollici come scuola enduro vuole, sospensioni con escursione generosa e per la prima volta su una moto di serie serbatoio benzina posteriore nella lista accessori ufficiale. Il richiamo alle moto ufficiali arriva anche attraverso la livrea che richiama la leggendaria Cagiva Elefant motorizzata Ducati degli anni d’oro. Completa il quadro una presentazione in grande stile proprio in mezzo al deserto, dove la nuova Desert X viene messa alla frusta tra  le dune. In questo periodo in cui le nostre avventure sono limitate dalla pandemia, scalda il cuore vedere che la voglia non manca a nessuno. Nemmeno nei centri ricerca e sviluppo di grandi marchi, che ci propongono mezzi nuovi per vecchie passioni, orizzonti ampi e gomme tassellate, per alimentare il sogno.  Che come la fiamma del nostro Bivacco non si spegne mai…

Buona Strada, dovunque stiate andando.

Rad Sherpa

L’Arte di Robbie Palmer…..

Quante volte al Bears Garage abbiamo parlato di “Arte in movimento” ?, parecchie ma mai come in questo caso la definizione è azzeccata, questo grazie al lavoro dell’ Amico Robbie residente a Northampton cittadina a nord-ovest di Londra. Nota per le fabbriche di fonderia, fornaci di mattoni e non meno importanti birrerie. Con tutte queste influenze, Robbie decide di realizzare per questo progetto, una serie di particolari utilizzando la tecnica della fusione in sabbia. Tecnica utilizzata per fondere prevalentemente sculture anche di grosse dimensioni, permette di ottenere risultati nei dettagli e nelle forme senza l’ obbligo di realizzare costosi stampi.

Ma apprezziamo assieme questo progetto e iniziamo dal modello donatore, una Triumph 6T   Thunderbird ribattezzata “Dune”. Partendo dal telaio modificato nella parte posteriore si nota la semplicità delle linee, e il delta della coda rigida perfettamente in linea con il tubo sotto serbatoio. Trattandosi di un Chopper semplificato, tutte le predisposizioni, fori e piastrine varie vengono eliminate per lasciar spazio ad un molding ben fatto e ricoperto dal color pastello “By-Matt”.

Con due cerchioni da 19 pollici che Robbie rivernicia di nero lucido riallineandoli con raggi inox, la “Dune” è a terra pronta per ricevere l’ Arte che ha in mente Robbie. La lista degli oggetti da personalizzare è corta ma essenziale e prevede alluminio fuso in sabbia, partiamo dal serbatoio carburante “minimal” e realizzato in due pezzi magistralmente saldati e lucidati, passiamo a quello dell’ olio che si nasconde dietro al carburatore Amal serie giusta con dettaglio filtro chopper style. Entrambi i serbatoi, sono arricchiti da simbologie del deserto che Robbie ha inserito in ogni elemento. In un parafango posteriore che è un intreccio di raggi, linee fluide ove trova spazio i fanale sdoppiato come gemme in una corona, questo lascia scoperto gran parte del pneumatico serie Firestone che ritroviamo anche al’ anteriore.

Un paio di dettagli incredibili sono sempre realizzati da modello in argilla e fusione in sabbia, parliamo delle due pedane, del carter motore sinistro alettato, per finire alla manopola del gas con altro richiamo al pericolo del deserto e quindi della “Dune”. Un fanale a diamante donato da una Chevy anni “50 imprigionato tra le forcelle lucidate, genera la luce necessaria per le scorribande notturne nello Northamptonshire. Interessante sapere che l’ Amico Robbie Palmer è al suo secondo progetto e che tutta questa Arte è stata fusa nel suo cortile di casa. Questo a confermare che nei capanni migliori escono le moto più sexy…………

Bear”34

Grazie a Matt per la verniciatura:   www.facebook.com/paintbymatt

Grazie a  Joe pe le foto: www.instagram.com/joe__docker

Foto da; www.bikeexif.com