L’ Offerta di Kiyo…..

Chi di noi non ha visto almeno una volta le offerte 3×2 durante lo shopping alimentare ?? bhe questa volta non c’è nulla da mangiare ma tanto da guardare. Stiamo parlando delle creazioni del talentuoso Giapponese residente in California Mitsuhiro “Kiyo” Kiyonaga – San, colui che ha inserito in tre differenti creazioni motori di Honda CB-750 fino a farli diventare tre. Ma partiamo dal’ inizio, nel 2013 Kiyo prepara un motore Honda CB-900 abbinando un turbo compressore e infilandolo al’ interno di un telaio rigido sapientemente dipinto in stile anni 70 battezzando con il nome di “Cherry Blossom”. Dopo questo successo, la passione per la meccanica che riempie le notti di Kiyo diventa ossessione, e una nuova visione spinge il Giapponese a realizzare un’altra opera in movimento. La scelta dei propulsori cade nuovamente sulla factory di Tokio ma questa volta, due saranno i motori 750-CB inseriti nel telaio della “Gekko”. Presentata al Born Free Show 8, vincendo il Best Japanese Award, replicherà ad Yokohama HRCS e correrà veloce sia al’ EL-Mirage nel 2016 che sulla salina del Bonneville nel 2016, 2017 e 2018. Un successo che ha portato la fama del modesto e talentuoso Kiyo in tutto il mondo.

Qui poteva scegliere se godersi i successi e riconcentrarsi sulle bellissime Harley Davidson che sapientemente ripristina per i fortunati clienti oppure……. Lanciare un bel 3×2 pensando ad un nuovo progetto, tanto fantastico quanto incredibilmente difficile. Produrre una nuova moto con telaio rigido e fortemente ispirato agli anni settanta ma, con tre motori dal 750-CB. Molti sono i dubbi e pochi gli amici convinti che il tutto funzionerà ma Kiyo sa il fatto suo come direbbe lo “Zio Marco”. Certo è che sincronizzare quello che diventerà un dodici cilindri non è cosa facile ma è deciso e pensa, prova e risolve tutti i suoi dubbi e problemi, compresi quelli delle trasmissioni primarie e secondarie. Aperti i motori dalle grandi testate tutti di produzione F2 del 1978, vengono maggiorati alla cilindrata di 836 C.C. portando la cilindrata totale a 2.508 C.C. “centrimetricubici”. La scelta dei componenti è tutta di derivazione race, dalle bielle speciali alle camme ad alte prestazioni fino alle valvole in acciaio inox, nulla è lasciato al caso. Per portare il nettare esplosivo all’ interno di queste camere, Kiyo si affida ad una “truppa” di carburatori Keihin FCR 35 mm che con una serie di collettori calcolati permettono ai dodici cilindri di “cantare” intonati. Il suono di questa orchestra di pistoni, bielle e valvole, viene “urlato” tramite scarichi dalla linea semplice ma calcolati e curati nel dettaglio come tutta la meccanica lucidata e spazzolata come solo l’ arte di Kiyo-Sun può esprimere.

Il telaio altra opera d’ arte è semplice e non prevede fronzoli, una linea che ricorda le moto da drag strep realizzato con doppio trave superiore monolitico al serbatoio ed un trave inferiore, imprigionano i tre motori. Una piastra a delta forata ma di grande rigidità, collega la struttura dando alla “Galaxy” un family stile con la sorella “minore”, “Gekko” soluzione che ha soddisfatto Kiyo nella guida sulle speed land. Un rake importante all’ avantreno, imprigiona forcelle di grande diametro in piastre massicce mentre le ruote lenticolari portano a terra tutta la meccanica. Sulla ruota anteriore, Kiyo pratica fori di scarico per evitare le derive laterali pericolose date dal vento alle alte velocità. Un dettaglio che potrete approfondire visitando il bel sito web di kiyo, sono le lavorazioni. Come da buona tradizione artigiana Giapponese, kiyo non utilizza macchine a controllo CNC ma predilige le lavorazioni manuali e a tratti “imprecise” ma che rendo queste moto vere opere d’ arte in movimento. A lavoro terminato, come per le sorelle della “Galaxy” la verniciatura è affidata completamente a Gen Katsuragawa-San di Love Ear Art. Inutile dire che faremo il tifo per Kiyo-San alla prossima Speed Week che porterà il bellissimo “3×2” sulla salina più veloce del pianeta.

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Info da; https://www.kiyosgarage.com/gekko

Foto di; Shaik Ridzwan   https://www.instagram

 

 

Jeepster Commando “21…..

Ricordare il passato per andare nel futuro, così potremmo interpretare lo studio di questo Concept di Jeep. In effetti la premiata linea di fuoristrada a stelle e strisce aveva nel proprio listino il Jeepster Commando già dal 1966 al 1973, con quel bronzo chiaro che trasmette il calore della sabbia presente sin dalla prima edizione. Brillante più che mai mira ad essere l’erede di quello che fu degno concorrente del Bronco di Ford e dello Scout di International per tutti gli anni 60 e 70.

Osservando la parte frontale, si apprezzano le sette feritoie grandi, alte e verticali per una griglia che vede incastonati fanali e frecce bianche, sopra il paraurti minimale in profilato a “C”. Con un colpo d’ occhio agli enormi pneumatici da 35 pollici montati su cerchioni dall’ effetto forgiato a cinque rombi, si arriva al bellissimo sportello piccolo, assimetrico e dalle cerniere a vista. Tutto tra due passaruota “nonfango” in tinta con il resto della carrozzerie del Jeepster. Maniglie cromate cosi come il piccolo telaio del deflettore e lo splendido roll bar che esce dagli interni mettendo in evidenza la finitura color avorio che spezza con una linea tutto il motivo della carrozzeria.

Prima di arrivare all’ interno uno sguardo al posteriore che risulta di una bellezza unica con la spondina inclinata e scritta jeep in rilievo, sotto il paraurti cromato riprende la soluzione dell’ anteriore mentre due fanali incassati fanno da cornice estrema nei due mezzi parafanghi. Il tutto molto alto e pensato per attacchi in fuoristrada molto angolati. Poche cose ma messe al punto giusto per un Jeepster che proprio nel suo interno diventa quasi sexy. In effetti un rivestimento in pelle rossa con modesti inserti in tessuto, rende elegante e decisamente attuale tutto l abitacolo. Il cruscotto prevede tutti i dispositivi di navigazione ed entertainment mentre un volante a tre razze e stikers vintage sul cruscotto urlano agli anni “60 con eleganza e nostalgia.

Poche sorprese per la meccanica che di fatto prevede tutto il carro e le trasmissioni arrivare dal “fratello” Rubicon, il muscoloso due litri da 340 cavalli in tandem a cambio e riduttori, toglierà dall’ imbarazzo il Jeepster nelle scampagnate su sabbia o roccia che si voglia. Noi del Bears Garage apprezziamo molto questo progetto perché esprime con linee classiche e finiture eleganti e moderne quello che è stato per mezzo secolo il puro spirito del fuori strada, senza eccessi, orpelli e mille diavolerie per la sopravvivenza anche perché……………. La sera è bello tornare al Bears Garage….

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Foto Da; https://uncrate.com/