Foto da; Tumblr.com
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Viadeo da; YouTube.com
E’ una notte triste al bivacco. Questo freddo porta con se una notizia che è dura da mandare giù anche con il miglior whisky.
Hubert Auriol ci ha lasciati…………
Vorrei raccontarvi tante cose di lui, un personaggio che ha scritto di suo pugno la storia dei rally raid e in particolare della Paris-Dakar. Hubert Auriol, nato ad Addis Abeba il 7 giugno del 1952 ma cresciuto in Francia, veniva chiamato “l’africano” non solo perché nato in Etiopia. Quel soprannome se l’era guadagnato sul campo, lui e l’Africa sono sempre stati legati a filo stretto e quello che ci ha lasciato in ambito Rally Raid ne è l’espressione più bella, il suo palmarès sarebbe più lungo di questo modesto articolo. L’Africa la sua casa, la Paris-Dakar il palcoscenico che lo vede protagonista sin dal 1979 con una YAMAHA XT 500, vincitore su BMW G/S nel 1988 e 1989 e nel 1992 su Mitsubishi, divenendo il primo pilota a fare la storia del rally vincendolo sia in moto che in auto. Successivamente divenne il direttore generale della Paris-Dakar dove figurò bene anche da manager e quando la corsa si spostò in Sudamerica si dedicò alla creazione di un altro rally raid che onora la sua Africa dal 2008: l’Africa Eco Race.
Uno degli episodi più noti e ormai entrati nella leggenda, lo vede in sella ad una Cagiva nel 1987 alla fine di una Paris-Dakar combattuta faticosamente con Cyril Neveu (quello che ha vinto la prima Dakar, non certo un osso tenero) in testa e con un discreto vantaggio. A circa 20 km dal traguardo sono le sue di ossa a cedere, a causa dell’impatto con delle radici di un albero fuori pista. Un equipaggio in auto lo trova esamine e con le caviglie distrutte. Si fa rimettere in moto e percorre quegli ultimi 20 km con le caviglie rotte cercando di controllare la moto, arrivando al traguardo piangendo dal dolore. Avrebbe potuto chiedere i soccorsi sul posto e ritirarsi, ma finire la tappa per lui valeva più di tutto perché, potè dire ai giornalisti italiani di avvisare il suo Team Manager e i dipendenti Cagiva: “abbiamo battuto la Honda”. Conquistò una vittoria simbolica che ancora oggi rappresenta il suo stile. E Monsieur l’Africain di stile ne aveva da vendere. Fisico, portamento e sorriso avrebbero potuto fare di lui un attore, si diceva fosse troppo bello per essere un pilota da raid africani. Lo rivedo scendere dalla moto all’arrivo di una tappa, sporco e spettinato mentre si toglie il casco e sorride nonostante tutto. Nessuno spot avrebbe potuto fare meglio in quegli anni. E invece lui oltre che bello era anche fortissimo e ci lascia con la signorilità di un campione genuino dal sorriso gentile.
Grazie Hubert. Purtroppo il tuo roadbook ti ha già portato a fine tappa, ma le tue tracce sono ben visibili e quelli come me le seguiranno ancora per molto tempo.
Buona strada, dovunque stiate andando.
Rad Sherpa
Foto da; Google.com “Immagini”
Il Giaguaro di Steve
Terence Steven McQueen, nato a Beech Grove “Indiana” il 24 marzo 1930. Figlio di uno stuntman ha vissuto praticamente da orfano in quanto venne accudito da uno zio residente nel Missouri, ove visse fino a 12 anni prima di tornare dalla madre nella West Coast, una giovinezza burrascosa trova soluzione con l’ arruolamento nei Marines 1947/50. Dopo il congedo Steve frequenta gli Actorìs Studio ed inizia così la carriera da Attore. La sua passione per i motori e le corse lo hanno reso comunque un attore speciale e spesso nelle sue pellicole lo vediamo sfrecciare su bolidi iconici in fughe memorabili. Attore, Stuntman ed eccellente Pilota ha diviso la sua vita tra macchina da presa, circuiti e deserti ove per anni ha gareggiato con successi molto interessanti. Morirà prematuramente nel 1980 lasciando un grande vuoto e una lista di moto e auto che ha amato fino al’ ultimo giorno.
Oggi vorrei condividere con voi questo bolide di Coventry che chiamo il Giaguaro di Steve, si tratta di una splendida Jaguar XKSS del 1956 posseduta da Steve Mc Queen e oggi presentata dal Petersen Automotive Museum. La XKSS ha una base della serie D-Type versione LeMans, un motore a sei cilindri in linea e una cilindrata di 3,4 litri. Questa geometria termica dava al “Giaguaro” 250 Cv a 7200 Giri/min gestiti da una trasmissione a 4 rapporti e trazione posteriore, questo allestimento spingeva la XKSS a quasi 230 km/h velocità frenata da quattro freni a disco idraulici. Con soli 16 esemplari rimasti in circolazione, probabilmente parliamo delle Jaguar più rare di sempre e questa in particolare ha peculiarità degne di nota.
Auto quindi da corsa resa stradale, non facile e sicuramente non adatta a “neo patentati” rimane un felino pericoloso ma dannatamente sexy per linee, prestazioni e storia. Auto molto spartana, poteva regalare grandi emozioni e non passava sicuramente inosservata. In un verde “British racing green“ scelto da Steve conferma il suo DNA Inglese e con capote e interni neri realizzati da Tony Nancy è un classico dei classici ma esalta un’ eleganza unica. Il Giaguaro di Steve presenta un cruscotto unico che prevede uno sportello nel porta oggetti, realizzato dall’ Amico Californiano Artista e Armiere Mr, Von Dutch. Considerato l’ uso quotidiano di Steve, non sorprende l’ inserimento di un portapacchi esterno su di un auto da corsa, forse il desiderio era proprio quello di usare un’ auto da corsa nella libertà quotidiana percorrendo la Mulholland Drive.
Con una faccia da uomo e occhi da pilota, parlare di Steve mi porta subito alla vista la rocambolesca fuga sulla verde motocicletta sottratta ai tedeschi per quella fuga che ogni volta mi sembra quasi fatta ma…. Che purtroppo lo vede “finito” tra il reticolato. Non perderò occasione per rivedere la grande fuga e sono convinto che il mio Steve prima o poi quel salto lo riuscirà a fare. Parlando invece di corse vere, indimenticabile la sua partecipazione alla 12 ore di Sebring dove giunse primo di categoria a bordo di una Porsche 908 Spyder e secondo assoluto dietro a soli 23 secondi ad un altro nome impegnativo delle corse ………Mario Andretti che correva su Ferrari .
Ciao Steve, ti penso con Ken Miles e gli altri in staccate tra i cordoli segnati dalle nuvole.
Bear”34
Foto da: Petersen Automotive Museum
https://sportscardigest.com/steve-mcqueens-jaguar-xkss/