Foto da; www.nowheelsnolife.tumblr.com
R.I.P. Niki……..
Da Radio-Bivacco “7
Stasera intorno al mio fuoco immaginario c’è seduto un signore d’altri tempi; è un tedesco alto e grosso, imponente nonostante l’età, mascella d’acciaio e nasone da buono. Il suo nome è Herbert Schek. Se possedete una BMW “2 valvole”, soprattutto se appartiene alla famiglia delle Gelande Strasse, e non conoscete questo nome, beh… vendetela! Herbert Schek è un uomo al quale noi appassionati di vecchi boxer da sterro dobbiamo molto; questo signore infatti ha contribuito in modo determinante allo sviluppo delle BMW da fuori strada, specie quelle che hanno corso la Paris Dakar nei primi anni.
Herbert Schek è nato il 30 dicembre 1932 a Wangen im Allgäu dove iniziò col padre a riparare motociclette prebelliche. Nel 1952 iniziò a gareggiare nella “Geländefahrt”, la nostra “Regolarità” e nel 1962 divenne campione tedesco per la prima volta, ripetendosi per ben 13 volte. Schek gareggiò molto e in varie categorie tra cui le sei giorni a squadre; nel 1966 divenne pilota ufficiale BMW che con i suoi motori boxer dominava le competizioni nazionali ma subiva le inglesi in ambito internazionale, che grazie al loro peso contenuto davano molto filo da torcere.
Schek sollevò il problema ai tecnici BMW. Erano d’accordo, le loro moto si aggiravano intorno ai 200 kg, ma proposero a lui di trovare delle soluzioni tecniche adeguate. Nell’inverno del 1970, Herbert Schek iniziò a lavorare sulla sua BMW, palesando le sue grandi doti di preparatore: alla fine del trattamento la “boxerona” pesava solo 130 kg e Schek vinse l’ISDE sull’isola di Man. Negli anni seguenti, le due tempi iniziarono a dominare nella classe “sopra 500 cc” al loro rapporto peso/potenza. Schek era già pronto alla sfida con i suoi BMW boxer da 800 cc. preparati, ma il dipartimento di sviluppo di BMW optò per fare da se, incaricando l’ingegnere Laszlo Peres alla guida di un gruppo di lavoro che sviluppò la BMW GS 800 .
Herbert Schek tuttavia ricevette i permessi e i pezzi per costruire le sue moto, così creò dieci “Schek-BMW GS 800”; senza volerlo, era diventato un produttore di motociclette. Costruì diciassette motocicli con il proprio marchio che, grazie agli aggiornamenti ciclistici del caso, bielle in magnesio, pistoni in titanio e altre diavolerie, potevano contare su circa 70 CV. All’inizio degli anni 80 i nuovi regolamenti della “Regolarità” vedevano fuori dai giochi le mastodontiche BMW ma la Paris Dakar era in pieno boom, quindi Herbert Schek venne coinvolto nello sviluppo di un mezzo adeguato a quel tipo di competizione. Il tedescone si impegna a modo suo (cioè in grande) e prepara una moto che userà in prima persona nell’edizione del 1981, dove subisce un grave incidente che lo costringerà al ritiro. Nell’estate del 1982 Hubert Auriol gli chiese di costruire una nuova BMW per la stagione 1983 dato che nel 1982 le BMW ufficiali ebbero vari problemi con il cambio. Così nel 1983 Herbert Schek tornò a correre la Dakar in sella ad una BMW preparata da lui e che portò Auriol a vincere quell’edizione.
Il 1984 fu un anno d’oro, la BMW vinse con Gaston Rahier grazie anche alle moto preparate da Schek, che dimostrò ancora una volta il suo grande talento di pilota vincendo la classe “Marathon”. Herbert Schek ha partecipato 15 volte alla Paris Dakar, anche assieme a sua figlia Patricia…il DNA non è un’opinione! E se oggi ve lo immaginate come un simpatico nonnetto seduto in poltrona a raccontare dei bei vecchi tempi vi sbagliate di grosso: Herr Schek, 87 anni, pochi giorni fa è arrivato in furgone dalla Germania per partecipare con la sua Schek-BMW alla “Valli Bresciane Audax” … Eisenmann!
Buona strada, dovunque stiate andando.
Rad Sherpa
Foto dal web; Archivio Herbert Schek
Bears at Work…….
For Sale………
Northern Redneck…..
Buon Ascolto !!
Low-Time…..
We set sail !!
Reflex…..
Notre-Dame secondo Miysis
Nemmeno un mese dal 19 aprile scorso, giorno in cui un incendio sprigionatosi nella cattedrale Parigina di Notre-Dame ha distrutto una sezione del tetto compreso la “Flèche” simbolo della città, che già si pensa a come ripristinare la preziosa chiesa in stile gotico del XIV secolo. Questo progetto dello studio Miysis farà sicuramente parlare e discutere i conservatori che pensano ad un restauro fedele per dimensione e materiali e i più “visionari” che pensano di ricostruire da un disastro così grande un luogo nuovo per ricordare e visitare la cattedrale di Francia.
Capitanato da Mr. Denis Stevens lo studio Miysis propone un progetto “rendering” che lascia i volumi di Notre-Dame identici a quelli originali ma con utilizzo di materiali differenti, la zona distrutta dal fuoco è pensata in Acciaio, Legno e Vetro una zona alta da visitare con una passeggiata tra alberi e fiori inseriti nel piano dal quale si potrà vedere da vicino la guglia riprodotta fedele all’ originale. Lo studio basa questa soluzione sul concetto della rinascita, ricrescita simboleggiata dalle piante che rendono nuova vita a questo monumento. Lo studio, sottolinea che questa è solo una loro visione e proposta che verrà presentata assieme ad altre di altri studi magari più classiche per il restauro di un luogo magico e dal valore inestimabile.
In questi giorni una raccomandazione trova voce comune su social e forum dedicati alle architetture ed è quella di fare le cose con calma e ponderazione. Un evento così drammatico per il patrimonio mondiale non deve portare a decisioni emotive con scadenze forzate dicono gli Architetti di mezzo mondo, la scelta di un nuovo progetto potrebbe richiedere alcuni anni sostengono altri. Sicuramente l’ amministrazione Macron ha espresso il desiderio di presentare “rinata” la cattedrale per l’ anno 2024 quando le Olimpiadi toccheranno terra di Francia. Dichiarazione comprensibile e magari possibile che permetterà al mondo intero di rivivere un luogo così speciale essendo rispettosi del passato con un po’ di creatività………
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Foto da; www.dezeen.com di, www.miysis.be